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Il contatto con la nostra vita passa attraverso il corpo.

Articolo scritto da Chiara Miani

L’estate per me è la stagione più bella dell’anno, tutto si muove in uno sfondo luminoso che amplifica le sensazioni, e allunga e allarga il prima e il dopo di ogni cosa.

Ricordo le estati della mia infanzia a piedi scalzi, dove ogni azione nasceva spontaneamente in un tempo – spazio dilatato, e meritava la mia assoluta, totale attenzione.

I bambini si immergono spontaneamente in qualsiasi cosa stiano facendo.

Ogni estate penso a quel tempo prezioso, quando cercare un sassolino fra migliaia di sassolini, o camminare a piedi scalzi sugli scogli era stupefacente e infinito, non c’era altro ad occupare la mente e il corpo.

I bambini vivono beati e inconsapevoli nel qui e ora!

La sfida che abbiamo come adulti, è rientrare in contatto con ciò che eravamo da piccoli: totali, attenti, spontanei, gentili, amabili e pieni di fiducia nella bontà degli altri esseri.

Per mantenere accese queste doti occorre prima di tutto fermarsi e imparare a riconoscere e ad amare il nostro mondo interiore, elaborando le esperienze corporee perché è sempre il corpo che sperimenta in modo diretto il momento presente.

Rimanere al centro della nostra esistenza è qualcosa di concreto; mantenerci calmi di fronte a ciò che proviamo proprio mentre lo stiamo provando è una sfida che coinvolge il corpo, perché le nostre emozioni scatenano un’infinità di reazioni nel corpo, e queste ci segnalano che stiamo vivendo qualcosa di importante.  Per esempio se siamo stressati o ansiosi sentiamo aumentare il ritmo cardiaco, se siamo arrabbiati potremmo sentire un senso di calore, allo stesso modo quando siamo felici sentiamo un senso di espansione che ci attraversa.

Se riusciamo a comprendere le reazioni del corpo rispetto a certi stati emotivi, diventando più sensibili al suo linguaggio fatto di sensazioni, potremo gestire meglio anche i nostri stati emotivi.

Nonostante nel fervido Novecento siano sorte molte scuole di ricerca e sperimentazione sul corpo e sul movimento, che hanno dato valore all’esperienza corporea e alla sua connessione con il vissuto psichico, e per quanto negli ultimi 50 anni il campo della psicoterapia orientata al corpo sia cresciuto, purtroppo il pregiudizio culturale in Occidente considera ancora la mente superiore al corpo!

Non c’è niente da fare, tendiamo a dare il ruolo principale alla mente, correndo il rischio di svalutare le esperienze corporee, e questo è un grave errore.

Come insegnante di pratiche, corsi e seminari basati sui principi dell’educazione somatica e della bodyfulness e come insegnante di Mindful Self-Compassion e meditante, creare connessioni fra questi due mondi per me è del tutto naturale, ma non è scontato che la nostra società consideri il corpo e il movimento come parti principali della nostra individualità, al pari della nostra mente.

Oggi nel nostro mondo sempre più digitalizzato, ricalibrare i valori di psiche e soma è la chiave per riportare in equilibrio la globalità del nostro essere umani.

Stare seduti su un cuscino a meditare porta intuizioni straordinarie e moltissimi benefici alla salute, ma a mio avviso la riflessione va radicata nell’esperienza corporea che viviamo quotidianamente. Il corpo deve incarnare il suo stato risvegliato, radicando le numerose pratiche proposte dalla Mindfulness nelle esperienze corporee della quotidianità.

Finchè siamo in questo corpo possiamo usarlo per aumentare la percentuale di momenti consapevoli, e le pratiche di educazione somatica possono aiutare molte persone ad entrare in uno di meditazione. Spesso i partecipanti alle lezioni di Consapevolezza attraverso il movimento® [1] mi riferiscono che durante le lezioni il loro stato di presenza cambia e si ravviva, sono attenti, concentrati, connessi a ciò che accade proprio mentre sta accadendo, e questo è il loro modo per accedere ad un profondo stato di contemplazione e di conoscenza di sé. Il loro modo per meditare passa attraverso il corpo e il movimento. Ma una volta che impariamo a farlo, questa possibilità diventa accessibile in ogni momento della nostra vita.

Usando l’autorità del corpo possiamo accedere ad uno stato consapevole praticando proprio adesso, con il prossimo respiro, mentre percepiamo questa sensazione, mentre ci accorgiamo di questo minuscolo movimento degli occhi, o delle labbra…

E’ importante rimanere seduti a meditare, ma come ci alziamo poi dal cuscino di meditazione o dalla sedia? E come ci muoviamo per la sala mentre ci accingiamo a fare qualcos’altro? Come respiriamo in un momento di gioia o di paura? Come prendiamo in braccio il nostro neonato? Come guardiamo quella persona che soffre? Cos’altro si muove oltre agli occhi mentre stiamo leggendo queste righe?

Anche il significato che diamo al termine Mindfulness, traduzione in inglese della parola Sati, che nella lingua Pali (lingua liturgica del buddhismo) significa consapevolezza, attenzione consapevole, riafferma la supremazia della mente sul corpo.

Christine Caldwell, psicoterapeuta del corpo e allieva di Thich Nhat Hanh, cha ha fondato il Somatic Counseling Program nell’ambito della Graduate School of Counseling and Psychology della Naropa University presso cui è docente da più di trent’anni, colma questa lacuna e conia la parola “Bodyfulness” (Bodyfulness, cambiare sé stessi. Christine Caldwell 2020, Ed. Astrolabio-Ubaldini. Roma)

In questo libro, dal quale estraggo qualche passaggio, la Candwell mette in rilievo l’importanza dei processi del corpo, e ci aiuta a comprendere che la consapevolezza non è una funzione della mente, ma del processo sensoriale e motorio.

“Mentre il pensiero evoca la mente, il movimento evoca il corpo. Il movimento e l’azione formano il sistema attraverso cui il corpo conosce, si identifica, ricorda e contempla sé stesso. Le pratiche somatiche diventano fondamentali per portare alla luce della consapevolezza gli schemi abituali inconsci e antichi. La consapevolezza non è più una funzione della mente, ma del processo sensoriale e motorio, così che la consapevolezza diventi uno dei nostri più grandi alleati nel lavoro che ci farà raggiungere gli stati bodyful” (p.17, 77)

“la bodyfulness inizia quando l’io incarnato è mantenuto in un ambiente consapevole e contemplativo. Accettare, apprezzare la propria natura corporea, partecipare senza giudicare ai processi del corpo, orienta l’individuo verso le giuste azioni fisiche, che riducano la sofferenza e incrementino la possibilità che il potenziale umano e non umano emergano” (pp.16-7).

“In Occidente quando parliamo di mindfulness tendiamo a dare il ruolo principale alla mente, e corriamo il rischio di emarginare le esperienze fisiche, mentre le tradizioni Orientali generalmente non separano la mente dal corpo, ma trattano l’unità mente-corpo come una conquista più che come uno stato essenziale. Quest’unità deve essere educata, a livello fisico e intellettuale. Secondo il filosofo giapponese Yasuo Yuasa, ad esempio, la conoscenza può avvenire solamente attraverso il riconoscimento o la realizzazione del corpo, e tale realizzazione avviene solo impegnandosi in pratiche corporee (come tai chi, yoga o simili) congiuntamente alla meditazione. Definiva l’unità mente-corpo come la distanza minima tra il movimento della mente e il movimento del corpo” (p.15)

Secondo la Candwell la pratica di muoversi consapevolmente, momento per momento è il nostro traguardo, e cattura l’essenza della bodyfulness in modo memorabile attraverso tre parole: “attenzione durante l’azione”.

Forse vale la pena tentare di dare il giusto valore al corpo perché “il corpo non è qualcosa che possediamo, ma un’esperienza che siamo. La bodyfulness consiste nel lavorare per il nostro potenziale di animali umani che respirano e pensano, si muovono e stanno fermi, agiscono e riflettono, e che non esistono solo perché pensano, ma anche perché ballano, si stirano, saltano, osservano, si concentrano ed entrano in sintonia con gli altri” (p.18)

E’ importante riflettere su questi temi per il benessere della società attuale, soprattutto oggi, in questa epoca sempre più tecnologica, in cui abbiamo ridotto l’abitudine al movimento e ci ritroviamo sempre più a “stare nella testa”

La conseguenza è che siamo sempre più stressati ed instabili, sembra un paradosso ma più ci dimentichiamo di avere un corpo che si muove, più la nostra mente si muove senza tregua.

Per riprendere contatto con la nostra vita dobbiamo passare attraverso la dimensione corporea e come dice la Candwell, unire l’attenzione al movimento è il miglior strumento per farlo.

Per approfondire:

  • Bodyfulness, cambiare sé stessi. Christine Caldwell 2020, ed. Astrolabio-Ubaldini. Roma

[1] sono le lezioni del Metodo Feldenkrais® rivolte ad un gruppo di allievi, la cui attenzione rilassata è diretta verso l’esplorazione lenta e delicata di alcune sequenze di movimento che nel corso della lezione evolvono gradualmente per complessità ed escursione pur rimanendo nell’ambito di un’attività confortevole e mai faticosa.